Il viaggiatore dei sogni
Sono due settimane esatte che giro attorno a questo tema e non riesco mai a decidermi. Mi sono chiesto Che faccio, lo scrivo? Passo definitivamente per il lunatico (nel senso più originale del termine, ovvero di “persona che patisce di accessi di pazzia ricorrenti con le fasi lunari”) o mantengo una parvenza di sobrietà?
E alla fine, eccomi qui a parlare di sogni. Di quelli veri, che si fanno di notte, che ti lasciano incantato o con una sottile inquietudine per tutta la giornata. O di incubi, che poi sempre sogni sono.
Il primo incubo di cui ho ricordo risale a quando avevo 3 anni o poco più. Una casa di vetro piena di buio, insetti e pipistrelli, dalla quale non potevo fuggire. Mi svegliai urlando e – se la memoria non m’inganna – corsi nel lettone dei miei. Il primo sogno invece non lo ricordo, forse perché non aveva la stessa carica emotiva.
In generale, sogno tantissimo. Principalmente incubi – al punto che per me non lo sono nemmeno più – ma anche tanti sogni ordinari. Quello che forse non riesce a tutti è viaggiare nel sogno. Lo faccio in maniera abbastanza inconsapevole e ogni poco riesco a regalarmi un sogno lucido.
Quando ne incontri uno, te ne accorgi. Rimangono lì, appiccicati alle pareti del cervello e non se ne vanno più. Sono coloratissimi, sono mistici, sono terribilmente reali e hanno elementi comuni, coerenti a sé stessi e all’insieme. Ma, soprattutto, non sono visioni passive.
In un sogno lucido sei padrone delle tue azioni. In qualche modo la coscienza riesce a intrufolarsi nel mondo onirico, dove non ci sono limiti fisici. Puoi volare. Puoi respirare sott’acqua. Puoi evocare davanti ai tuoi occhi qualsiasi cosa tu possa immaginare.
È “sognare sapendo di stare sognando” e comportarsi di conseguenza.
Dai sogni lucidi ci si risveglia con gli occhi pieni di meraviglia e una profonda nostalgia. A questo fenomeno (che poi è conosciutissimo fin dall’antichità, ma fra poco ci arriviamo) se ne affianca un altro: poco prima di scivolare nel sonno, nel dormiveglia, mi sfiorano ricordi di altri me. Reverie talmente forti da farmi credere di aver rotto il velo, di poter toccare o condividere qualcosa con gli infiniti me di infinite realtà parallele. La scienza li chiama stati ipnagogici, a me sembrano porte sull’infinito.
Eccoci dunque al tema principale: l’onironautica. Fa parte della storia dell’uomo da sempre, e non è roba da fricchettoni hindu (per quanto lo Yoga Nindra e il Milam tibetano collochino la pratica del sogno già qualche secolo prima di Cristo; lo Yoga Nindra è infatti citato negli Upanishads, mentre per il Milam parliamo addirittura di radici nella religione pre-bhuddista Bönpo).
Troviamo il tema del sogno lucido un po’ ovunque, a partire dai Sumeri. Era conosciuto dagli Egizi, dai Greci, dai Romani, per non parlare delle civiltà orientali. Per alcune di queste il sogno era alla base della creazione dell’universo, come negli aborigeni australiani (il loro famosissimo Dreamtime il tempo del sogno – proprio come nell’induismo, in cui Vishnu sogna l’universo in cui viviamo – ha valore cosmogonico).
Di sogni parla Aristotele, e lo stesso doveva esserne abbastanza ossessionato, visto che ne ha scritto parecchio (qui un bell’articolo di Alessandra Quintiliani). Riguardo all’onironautica, nel De Somniis dice «spesso, quando dormiamo, accade qualcosa nella coscienza che ci rende manifesto che quanto a noi si presenterà non è che un sogno».
Non credo sia esistita cultura che abbia camminato su questa terra che non avesse la propria versione.
Potrei andare avanti un po’ con le fonti, quindi mi fermo qui: il sogno lucido è un dato di fatto. Ciò che più mi attrae, però, è la possibilità di viaggiare all’interno di essi e utilizzare questa facoltà per esplorare l’insondabile. Essere un onironauta, per l’appunto. C’è chi usa il sogno per parlare con persone che non ci sono più, chi per fare sesso (davvero, non è una puttanata. La capacità di controllare i sogni ti permette di fare quello che vuoi e – come sempre – l’occasione fa l’uomo ladro. E zozzone, ovviamente), chi per aprire le porte di mondi fantastici.
il 15 marzo scorso, ad esempio, mi sono svegliato con un sorrisone sulle labbra, perché la notte mi aveva regalato un altro pezzo del puzzle. L’ho subito trascritto nel mio diario dei sogni (pratica necessaria per tutti gli onironauti).
Esiste un luogo, nella mia topografia onirica, gestito da un nepalese. È un sotterraneo, di fondo un lungo corridoio a base quadrata. Alle mura oggetti, armi, paramenti e stendardi che raccontano una storia antediluviana di guerre intestine combattute dagli dei. Qua e là ci sono alcuni teschi di questi: forme aliene simili alle piastre dei pesci ossei del devoniano, con creste, corone e bocche enormi irte di centinaia di denti. Per chi ha familiarità con gli aspetti terribili delle divinità indù, non sono difficili da immaginare. Questa sotterranea galleria delle meraviglie è visitata da comitive rumorose di ragazzi annoiati, morbosamente attratti da un unico cancello che si affaccia su una scalinata che scende. Un cartello in caratteri devanagari parla chiaro: lì non si va, là sotto si agita qualcosa. Forse alcuni demoni superstiti, chissà. A nulla valgono le raccomandazioni del custode, regolarmente degli sbruffoncelli scendono e non tornano mai più, inghiottiti dal lucore scarlatto che proviene da un luogo alieno. Rimangono le occasionali urla di terrore, ma anche quelle durano poco. In fondo al giro, vicino all’uscita, tre donne vendono enormi granchi e frutti di mare che aprono al momento e cuociono ancora vivi in padelloni ricolmi di olio schiumante. La visita termina, salgo le scale che mi portano all’esterno ed esco alla luce di un sole abbacinante su una pietraia senza fine, piatta e battuta dal vento. Sulla soglia di un edificio cubico di marmo bianco il guardiano mi saluta in nepalese, mi conosce bene ormai. Davanti a me, un’unica guglia di pietra nuda, alta un centinaio di metri e forse più. Sulla parete impossibile c’è una macchia rossa, la veste di un giovane monaco Bön che si arrampica a mani nude con un secchio di carbone sulle spalle. Lentamente arriva sulla cima che buca il cielo azzurro. È pronto per il salto.
Parlo di topografia onirica perché questi luoghi esistono. Potrei collocarli nel mondo reale, salvo il fatto di essere irraggiungibili. Un altro di questi è una caverna nascosta nel cuore delle forre della Lessinia. Si scende per una stradella asfaltata sulla destra, giù fino all’imboccatura di un sistema di grotte che ospita un qualche culto segreto. In sogno ci torno di continuo, e la suggestione è talmente forte che più di una volta mi sono trovato a cercare dei punti di riferimento su google maps o sulle mappe dell’ISPRA, sempre senza successo.
Che questi mondi esistano davvero, da qualche parte, non lo so. Mi piace pensarlo. Credo che il sogno lucido sia qualcosa di più di un semplice fuoco d’artificio di neuroni che si liberano del sovraccarico accumulato durante il giorno e che controllare il mondo onirico sia un atto quasi demiurgico. Diventiamo Dei all’interno di noi stessi, o forse lo diventiamo in qualche realtà parallela del multiverso, chissà. C’è chi parla di viaggio astrale, chi di esperienze extracorporee, chi di stati ipnagogici. Non sarò certo io a svelare l’arcano a cui fior fiore di filosofi e scienziati ben più arguti di me hanno dedicato pagine e pagine senza riuscire a mettere un punto fermo.
Però si può fare una cosa: continuare a sognare e imparare a viaggiare. Onironauti si diventa, dal momento che tutti possiamo sognare. Ci sono tecniche ed esercizi da fare, sveglie da puntare e ritualità da sviluppare (in senso non religioso, prescrizione, cerimonia, usanza in genere, cit. Treccani), ma si può. Aggiungerò pure che a volte è una bella spada in culo e che può essere faticoso. Io per primo non cerco sempre il sogno lucido, ma vado a periodi, perché è psichicamente estenuante.
Ho trovato, tempo fa, un libretto ben scritto: A Field Guide to Lucid Dreaming. Riuscivo a viaggiare nel sogno anche prima, ma qui ho trovato una guida e un metodo.
Io consiglio a tutti di provare, prima o poi. Con una precisazione e un’avvertenza: il sogno lucido non ha alcuna implicazione spirituale o religiosa, a meno che voi non vogliate dargliela. È un esercizio per tutti, adatto anche ai più atei e razionalisti: il sogno è quanto di più popolare e umano esista.
Quanto all’avvertenza, beh, è semplice: sappiate che non vorrete più smettere.
M’incuriosisce molto questa cosa. E sono rimasta incantata a topografia onirica. Pur non capendo nulla (e invece vorrei) di onironautica, ricordo di aver notato una corrispondenza precisa, una sorta di codifica tra alcuni luoghi onirici e specifiche parti del mio corpo. Grazie per la condivisione.
se vuoi ti mando qualche link, ma in qualsiasi caso il libretto che ho consigliato è davvero fatto bene. Poi ad approfondire si aprono le porte di un mondo incredibile e ricchissimo di suggestioni. Comunque il primo passo è addormentarsi con l’intenzione di sognare e registrare i sogni non appena apri gli occhi!