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Reading Challenge 2021 – 1 trimestre

La lettura è un’amante che pretende tempo e attenzioni. Anche ai lettori più forti (e non mi sto mettendo nel mazzo, parlo di gente tipo mia madre che bene o male ha sempre un libro in mano e piuttosto rimanda tutto il resto, bollette comprese) capita di avere periodi in cui, per necessità o voglia, si legge poco.

disclaimer: segue delirio casuale sulle reading challenge. Se ti interessa solo vedere i libri che ho letto e una brevissima opinione a riguardo salta pure questa parte.

Personalmente parlando, negli ultimi anni ho letto poco, una ventina di libri all’anno. Alcuni finiscono nell’elenco di Goodreads (qua il mio profilo, nel caso vogliate chiedere l’amicizia), altri no, ma più o meno siamo lì.

All’inizio di quest’anno mi sono ripromesso di dedicare un po’ di tempo in più alla lettura e di fissare la reading challenge 2021 a un totale di 50 libri. Uno alla settimana, un obiettivo impegnativo ma non troppo.

È anche un gioco di strategia: quando sei indietro sulla tabella di marcia è bene scegliere libri agili in modo da ritornare in linea. Alla fine di questo trimestre sono già indietro di 4 libri, e di sicuro i prossimi saranno La caduta e lo straniero di Camus. Insomma, prima di affrontare Delitto e Castigo devo andare in pari, altrimenti rischio di restare indietro.

Non c’è nulla di male nel leggere libri brevi. La qualità o l’impegno di un libro non vengono certo definite dalla lunghezza, ma dal contenuto e dallo stile. Certo che se per fare in fretta leggete porcherie come Fabio Volo o Melissa P meritate solo l’inferno (no, non si tratta di snobismo letterario. È solo questione di dare alla spazzatura il giusto peso.)

Taglio corto. Cosa ho letto in questi 3 mesi?

  1. Gli ultimi giorni della nuova Parigi – China Mieville
    Meh. È il primo libro che leggo dell’enfant prodige della letteratura weird e… non l’ho trovato certo “abbagliante”, come l’ha definito il Guardian. Intendiamoci, l’idea è assolutamente strepitosa (i nazisti e resistenza combattono in una Parigi dove le opere surrealiste hanno preso vita e i diavoli dell’inferno camminano per strada), la realizzazione un po’ meno. Tante citazioni e un certo livello di auto-compiacimento. Da qui a dire che sia un brutto libro c’è una distanza siderale, ma personalmente non mi ha folgorato lo stile (l’idea sì, motivo per cui darò a Mieville almeno un’altra chance). Voto: 3/5
  2. Se i gatti scomparissero dal mondo – Genki Kawamura
    Un libro strano. L’ho scelto per due motivi: i gatti (ovviamente) e la mia passione per il realismo magico. Ho amato Murakami (non la sua tendenza a ripetere sempre lo stesso topos) e quando l’ho visto a casa di un’amica me lo sono infilato in tasca borbottando “te lo rubo”. La storia è semplice. Un postino scopre di essere malato terminale di cancro e fa un patto con il diavolo: un giorno di vita in più per ogni oggetto a cui rinunciare, solo che la cosa in questione sparirà per sempre dal mondo. Quando tocca al suo gatto, Cavolo (ma che cazzo di nome è?), il protagonista rompe l’accordo. È un romanzo sulla rinuncia e sui rimpianti, con alcuni momenti davvero toccanti e altri piuttosto superficiali. Il problema principale credo stia nella traduzione dal giapponese all’italiano che in diversi passaggi rende la prosa quasi macchiettistica, così come l’utilizzo di formule ricorrenti che – sono sicuro – in lingua originale rendono assai meglio dell’orribile e reiterato “batuffolo di pelo” per riferirsi al gatto (il cui nome – Cavolo – è parte stessa del problema). Da leggere? Forse, di certo non indispensabile. Voto: 3/5
  3. Tieni presente che. Momenti nella mia vita di scrittore che hanno cambiato tutto – Chuck Palahniuk
    Se non scrivete, potete fare a meno. Ma se scrivete (o siete dei fanatici del buon vecchio Chuck) allora non potete assolutamente perderlo. Assieme a On writing, di Stephen King, è il manuale di scrittura che DOVETE leggere. Tante riflessioni importanti sul “mestiere” di scrivere e tanti consigli pratici, inseriti in una narrazione tagliente e sopra le righe. Di libri sulla scrittura ne ho letti davvero tanti, questo va dritto dritto in cima alla lista dei più importanti. Voto: 5/5
  4. L’inverno del nostro scontento – John Steinbeck
    Se non ricordo male, questo è l’ultimo romanzo scritto da Steinbeck. Il grandissimo, immenso Steinbeck. Qua andavo sul sicuro, sapevo che ne sarei rimasto incantato. L’inverno del nostro scontento è un libro bellissimo, con una prosa meravigliosa e – soprattutto – una storia perfettamente orchestrata sulla fortuna intesa come fortune nel senso più anglosassone del termine, ovvero i successi, i fallimenti e le opportunità che vanno e vengono come la marea. È la storia di una crisi morale e di quanto lontano (e vicino) possano andare le conseguenze dei piccoli gesti quotidiani. P.S. le descrizioni che fa della bellezza adolescenziale della figlia del protagonista, sono da brividi. Alta letteratura. Voto: 5/5 (edicheccazzostiamoaparlà)
  5. Memorie di un giovane medico – Mikhail Bulgakov
    Prima di far incontrare il diavolo alla bella Margherita, Bulgakov era un medico di provincia nella gelida campagna russa. Correva l’anno 1917 e questo povero, giovane e inesperto medico condotto si trova in mezzo all’umanità più varia, alle miserie e alle storie assurde dei contadini locali. È un libro che ho trovato bello e interessante per l’ironia pungente e la profonda umanità. In nove racconti Bulgakov l’ignoranza, le difficoltà, le tragedie della società contadina russa pre-rivoluzione. Davvero bello. Voto: 4/5
  6. La leggenda del Santo bevitore – Joseph Roth
    Una parabola, più che un racconto. Un clochard parigino di origine asburgica riceve da uno straniero una somma di denaro. In un flusso circolare di prendere e avere si racconta la perdizione e l’assoluzione di un uomo probabilmente migliore di tanti altri, di certo onorevole come pochi. Alla fine è un po’ la storia dell’autore, lui stesso esule alcolizzato a Parigi. Interessante. Voto 4/5
  7. Ebrei erranti – Joseph Roth
    Un saggio. Piccolo, molto interessante e – suo malgrado – pesantissimo. È una lucida disamina sulla diaspora culturale e fisica degli ebrei orientali nel mondo, sulle loro difficoltà, sulle meschinità, le grandezze e le speranze di un popolo eletto che è fin troppo umano. Se vi interessa la questione ebraica, Ebrei erranti è un librettino che offre un punto di vista molto particolare. Deve però interessarvi davvero, altrimenti lo mollerete dopo poche pagine. Per me è un 4/5, per altri potrebbe essere molto meno.
  8. Alle porte della Mongolia (alle sorgenti del fiume giallo) – Leonard Clark
    Doppio titolo per un libro pubblicato da Garzanti nel 1960 e che nelle edizioni successive diventa Alle sorgenti del fiume giallo. Partiamo da Leonard Clark: esploratore, avventuriero, spia, impiccione e ammazzasette ammmmericano che ha fatto del vagabondaggio un’arte. È lo stesso dell’eccezionale (e ben più famoso) I fiumi scendevano a oriente. Clark è uno di quei personaggi ombra che in qualche modo ha influenzato il corso della storia, organizzando attività di guerriglia e chissà cos’altro in Cina, Tibet e Mongolia in supporto alla frangia cinese musulmana e anticomunista di Ma BuFang. In questo diario di viaggio, Clark narra della spedizione del 1949 in Mongolia per cercare la mitica vetta dell’Amne Machin che al tempo si vociferava fosse più alta dell’Everest. Alla guida di una carovana di guerriglieri musulmani e tibetani affronta valli, laghi salati, fortilizi e accampamenti, banditi ngolok, predoni, monaci e capi-tribù in cerca delle sorgenti del fiume Giallo e della mitica vetta. All’aspetto più avventuroso si intrecciano considerazioni di tipo tattico e strategico (dopotutto era un colonnello dell’OSS americano) per ostacolare l’avanzamento della rivoluzione comunista cinese nei territori dell’asia centrale.
    Le considerazioni sono due: il quadrante centro asiatico è al centro degli interessi delle potenze mondiali dalla fine dell’800. Ciò che narra Clark è quindi storicamente accurato e perfettamente inseribile nel contesto geopolitico dell’epoca. Il suo resoconto è però tutto fuorché obiettivo e – sospetto – in diversi punti MOOOOOOLTO romanzato. Alcune osservazioni e aspetti culturali proprio non tornano – soprattutto se confrontati con quanto descritto in altri testi risalenti a una ventina d’anni prima (Giuseppe Tucci in primis). Il libro non è facile da leggere, ma è comunque un documento importante e appassionante, da prendere però con le pinze. Voto: 4/5 (perché sono appassionato dell’argomento, altrimenti 3/5).
  9. La sceneggiatura – Syd Field
    ***Attenzione: questo non è la traduzione di Screenplay, bensì dello Screenwriter’s workbook***
    Che dire: un testo tecnico sulla sceneggiatura, scritto bene (a volte un po’ ripetitivo) che ha il valore aggiunto di essere anche una guida per affrontare gli stati d’animo schizofrenici che affliggono gli scrittori di ogni sorta (soprattutto quelli che lo fanno per vivere). Se volete scrivere una sceneggiatura e non sapete come affrontare il lavoro, iniziate da qua. Attenzione però: questo libro spiega il procedimento, non l’aspetto tecnico. Voto: 5/5

Arriviamo alla fine: questo è quanto ho letto ad oggi, 9 aprile. In canna ho altri due libri: un manuale di scrittura e game design e una MERAVIGLIOSA raccolta di racconti di Marquez, La incredibile e triste storia della candida Eréndira e della sua nonna snaturata. È questa la naturale estensione di Cent’anni di solitudine (un capolavoro assoluto). Ma su questi due ci torniamo appena avrò scritto quel maledetto articolo sul realismo magico.

Se sarò bravo, a fine aprile ritornerò in pari (con un totale di 16 libri). Prossimo aggiornamento comunque a inizio luglio.

À bientôt, j’espère

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