What goes around, comes around
Un divano, una sala dai soffitti alti alti, una casa che – sebbene buia, come tutte le case dei vicoli genovesi – mi piace da impazzire.
Attorno a me gli strumenti, il portatile sulle ginocchia, la gatta sul cuscino e il cane sul tappeto. Russano entrambi. E io che apro il blog e sputo un post, così, per una serie di fortunati eventi.
Il punto è che a volte la vita sembra venirti addosso. Nonostante i programmi qualcosa di imponderabile decide per te, stravolge i piani o li asseconda, rende possibile l’impensabile, unisce i puntini e scombina le carte.
Succede, allora, che la scrittura (quella creativa, le storie che avevo accantonato per fare spazio alla musica) gratti dietro la porta della coscienza e si presenti come un’opportunità che sarebbe stupido rifiutare. Che il mio lavoro come copywriter prenda strade inattese e torni a emozionarmi. Che le arti marziali riprendano a far parte della mia routine e che abbia ritrovato il piacere di cucinare e di stare con gli altri.
Insomma, sembra l’alba dei morti viventi, ma sono morti belli. Sono resurrezioni, più che riesumazioni.
Al di là degli unicorni che vomitano arcobaleni (perché sì, sono sempre il lamentone di sempre, ma almeno adesso vengo colto da una certa leggerezza d’esistere) credo che questa Genova sia arrivata nella mia vita per uno scopo. Quale, non lo so. Intanto mi godo il momento.
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